L'ansia che mette... paura
Mi sono pervenute alcune richieste che riguardano l'ansia.
Fra tutti gli argomenti qui trattati – in maniera limitata per ovvi motivi dovuti al mezzo che mi ospita – quello dell'ansia è uno dei più complessi in quanto a vastità. L'ansia, di per sé, è certamente una risorsa insieme alla paura, al dolore, alla fame, la sete, e via dicendo. Di norma, infatti, è un campanello che mette in allarme l'organismo rispetto a una situazione particolare: la persona che non arriva all'ora prestabilita, l'attesa per gli esiti di esami, ma anche l'orario di un appuntamento cui si tiene particolarmente, sono tutte situazioni in cui avvertiamo ansia. L'adrenalina entra in circolo provocando aumento del battito cardiaco e, secondo la situazione, anche sudorazione, impossibilità di concentrarsi, respirazione accentuata, ecc. Siamo ancora nel campo dell'ansia 'buona', quella fisiologica, che proviene dall'esterno, concreta, che ci permette di ricordare esperienze negative (la sirena di un'ambulanza) o positive (una voce cara al telefono). Così come accade per la paura (sempre quella fisiologica), se non ci fosse, saremmo esposti a gravi rischi e, probabilmente, non sopravvivremmo a lungo. Per esempio i primi contatti con il fuoco: solo scottandoci o sentendo il calore troppo forte, ci ricorderemo in futuro di non avvicinarci troppo alla fonte incandescente. Se non avessimo paura del fuoco, continueremmo a ustionarci pericolosamente. Esiste, però, anche un altro tipo di ansia, quella patologica, purtroppo sempre più presente nella popolazione. Gli stessi sintomi dell'ansia 'buona' si amplificano a dismisura e diventano persistenti rendendo spesso difficile, se non impossibile, le normali attività quotidiane e la vita di relazione. Si è di fronte, così, al disturbo d'ansia generalizzata in seguito a una particolare situazione, a separazione, (da una persona cara, da un dato ambiente, ecc.), a prestazioni (lavoro, scuola, sesso, ecc.). La persona vive un costante e diffuso stato di apprensione, senza poterci fare nulla.
L'ansia è presente in una serie di psicopatologie che il DSM-IV, l'autorevole manuale dei disturbi mentali, elenca:
- disturbo di panico (con o senza agorafobia)
- agorafobia (paura dei luoghi pubblici e non familiari)
- fobia specifica
- fobia sociale (disturbo da ansia sociale)
- disturbo ossessivo-compulsivo
- disturbo post-traumatico da stress
- disturbo acuto da stress
- disturbo d'ansia dovuto ad una condizione medica generale
- disturbo d'ansia indotto da sostanze
- disturbo d'ansia non altrimenti specificato
Il DSM-IV pone anche limiti temporali (dai quattro ai sei mesi) al persistere del disturbo. In altri termini, se l'ansia persiste senza motivo oltre tali durate, è vivamente consigliato un consulto con uno specialista, anche perché può cronicizzare diventando un vero e proprio problema resistente alle terapie. Purtroppo nelle società occidentali i modelli imposti come status symbol, non fanno che aumentare l'ansia: la donna deve essere bella a tutti i costi; l'uomo deve essere forte e sicuro di sé, a prescindere. Questi modelli impongono un continuo stress che molti non sostengono, proprio perché 'innaturale'. Inoltre, inviterei a riflettere con una certa attenzione, su alcuni atteggiamenti di per sé ansiogeni, che fanno parte del nostro vissuto e che spesso trasmettiamo, involontariamente, ai nostri figli. Potremmo, per esempio, evitare di farci vedere particolarmente ansiosi quando seguiamo programmi televisivi come i Tg (commentando le consuete notizie di cronaca nera), oppure sforzandoci di non essere troppo possessivi riguardo alle amicizie, o, anche, nei riguardi dell'andamento scolastico, e così via.
In conclusione, se l'ansia è sproporzionata anche come durata nel tempo e deteriora la nostra vita normale (ma anche dei nostri cari), è inutile dirsi di stare tranquilli, che passerà, che domani ci alzeremo e sarà tutto finito. In questi casi è opportuno rivolgersi a uno specialista, così come facciamo per qualsiasi altra patologia.