Tutto normale, solo un po’ tragico
Mi piace guardare vecchie foto di Ostuni e di altre città, nelle quali si intravedono persone fermate sulla pellicola da uno scatto casuale, in occasione di una festa o in una veduta di monumenti e posti caratteristici di un dato luogo. Molti soggetti appaiono sereni, quasi incuriositi dall’insolito aggeggio che li fissa, un comportamento che sembra prescindere dalla presenza della macchina fotografica. Nelle foto d’occasione, per esempio di un matrimonio, la posa è doverosamente impostata, spesso solenne e raramente si scorge un sorriso preconfezionato e perennemente a favore di scatto del telefonino, come ormai succede ai giorni nostri con gli immancabili selfie, oltre i quali sorrisi e spontaneità svaniscono di colpo. Sarò prevenuto oppure sono io che interpreto male queste situazioni? Mi faccio influenzare anche dai tanti e gravi problemi che oggi incombono su di noi e non riesco a vedere la stessa, invariata (apparente?) spensieratezza di decenni addietro? Vorrei tanto che le mie fossero fisime dovute all’età, ma dubito fortemente che al momento in cui sarà pubblicato questo articolo, il nuovo conflitto in Israele avrà avuto termine senza altro spargimento di sangue, così come nutro grandi perplessità che Ucraina e Russia abbiano intanto trovato un accordo di pace. Per non parlare delle centinaia di attriti e guerre e drammi umanitari che passano inosservati se non sono menzionati da stampa e Tv.
Ci stiamo abituando al male?
In un noto romanzo del 2009 di Stephen King,
The Dome, una cupola trasparente cala improvvisamente su una cittadina degli Usa, coprendola ermeticamente. Le persone si ritrovano da un momento all’altro a non poter entrare né uscire dal centro abitato, poiché ogni tentativo risulta vano di fronte alla solidità di quel materiale invisibile. Trascorrono i giorni e la gente sembra essersi abituata all’insolita copertura e, se alcuni la vivono da subito come una reale minaccia e cercano di affrontarla, altri iniziano a considerarla addirittura protettiva. Solo quando inizierà a scarseggiare l’ossigeno e i vari rifornimenti, ci si renderà conto della reale gravità del problema. E allora, ci stiamo abituando al “male”? Guerre, conflitti, lotte per il potere, sopraffazione del forte sul debole, del potente sul povero, hanno sempre accompagnato la storia dell’umanità. Da alcuni decenni, siamo entrati in una nuova era, l’Antropocene, nella quale l’uomo ha completamente preso in mano le sorti del pianeta, diventandone il dominatore assoluto e aggredendolo fino a un punto di non ritorno. Eppure creiamo tante cose buone, come nella medicina, nell’ingegneria, la stessa Rete, Internet, ha grande valore per gli scambi culturali che attraverso essa si dovrebbero propagare. Per contro, sono aumentati i conflitti, le guerre, la povertà, le discriminazioni. Il tutto veicolato e diluito attraverso canali mediatici che ci fanno sembrare
tutto normale, solo un po’... tragico. Una sorta di Grande Fratello orwelliano che lavora per omologare le coscienze e limitare il dissenso ragionato; il pensiero unico, il grande sogno dei potenti che Papa Francesco ha redarguito in una sua omelia del 10 aprile 2014: “…
c’è la dittatura del pensiero unico [...] è la stessa di questa gente: prende le pietre per lapidare la libertà dei popoli, la libertà della gente, la libertà delle coscienze”. Per molte persone sottoposte quotidianamente al flusso di notizie drammatiche, la risposta alla domanda iniziale è, dunque, sì, ci si può abituare a non approfondire, a non criticare, ad adeguarsi nella speranza di non subire eventuali conseguenze. E il male è anche questo: una sorta di “appiattimento emotivo” dovuto alla continua tensione, all’incessante bombardamento mediatico che annuncia brutte notizie di ogni genere, al ricatto psicologico secondo cui i “cattivi” stanno sempre dall’altra parte, lì pronti a invaderci e prendere ciò che assediamo, la nostra stessa vita alla minima distrazione, così, da un momento all’altro... Qualsiasi cosa, quindi, può succedere anche qui e ora. Questo meccanismo sfrutta la particolare propensione della mente umana a generalizzare, a ritenere che tutto sia possibile, a prescindere da qualsiasi effettiva e realistica probabilità. Così si rinforza la
cupola di drammi che incombe quotidianamente su di noi, provocando una miscela di paura e sdegno e poi, in alcuni, pian piano, rassegnazione e spesso condiscendenza acritica e incondizionata verso quel “potere” a cui un clima di timore generalizzato e indistinto, fa comodo. Infatti, a volte è molto forte il sospetto che la gran quantità di cattive notizie, torni utile a certi politicanti cui risulterebbe difficile governare dando il buon esempio.
La dieta della mente
La nostra mente dà vita ai pensieri, alle idee, ai progetti e così via. Per lavorare al meglio, ha bisogno di adeguato nutrimento: l’educazione, la cultura, l’istruzione, la socializzazione, di questo si ciba il nostro cervello per essere dinamico ed evolversi, criticare, metabolizzare ed elaborare i vari input che giungono dall’esterno; quelli positivi, ma soprattutto i negativi. Quando il “cibo” è buono, l’elaborazione fornisce benessere, equilibrio, convivialità, interessi e stimoli positivi, voglia di fare, di costruire invece di abbattere. Per contribuire ad alimentare bene il nostro cervello e la nostra mente, può tornare utile guardare meno la Tv e certi Social, limitando la visione dei telegiornali a uno, massimo due al giorno. Riscoprire la radio potrebbe essere un altra buona idea, non tanto per un anacronistico ritorno al passato, quanto per l’assenza di immagini, cosi che la mente sia libera di spaziare, come succede anche per la lettura. Sì, certo,
La Settimana Enigmistica va bene, ma è consigliabile dedicarsi anche alla lettura di romanzi, saggi e così via. Non spaventiamoci se non siamo abituati a leggere un libro, se non riusciamo a tenere alta l’attenzione durante la lettura: è solo questione di allenamento e di interesse; dunque iniziamo con qualcosa di più leggero, che ci ricordi qualche passione oppure un hobby. Nelle situazioni in cui siamo impossibilitati a leggere, possiamo ricorrere ai validi audiolibri. Confrontarsi con persone che hanno un diverso modo di vedere le cose è salutare per la nostra psiche, poiché ci proietta verso ipotesi inesplorate da cui possiamo trarre beneficio. Approfondiamo le notizie che più ci sconcertano per comprenderne i meccanismi reali, le vere cause, perché solo se il quadro è ben chiaro, il problema è meno complesso. Magari non sarà risolto, ma almeno terremo lontana da noi la cupola angosciante della paura.